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Sonohra, idoli moderni: l'intervista

L’anno scorso trionfarono a Sanremo, nella sezione Giovani, con L’amore. Quest’anno, però, non torneranno nella città dei fiori, in quanto impegnati in Sud America con la promozione del loro disco in lingua spagnola. Sono i Sonohra, idoli delle ragazzine e non solo: Luca e Diego Fainello, infatti, vogliono dimostrare di essere principalmente due bravi musicisti e non ci stanno a passare come semplice teen band. Timidi e gentili, a tratti spauriti, i Sonohra danno quasi l’impressione di essere a disagio per tutto questo successo che è loro piovuto addosso. Ecco cosa ci hanno raccontato.


E’ trascorso un anno dal vostro fortunato Sanremo. Cosa pensate della polemica che si è accesa in quest’edizione sui “giovani raccomandati”?
Dobbiamo tutto a Sanremo, anche perché da lì è partito il nostro successo, ma crediamo che questa rassegna debba essere rivista e riformata. Ci vorrebbe un Festival dove si faccia musica, ma senza la gara. Purtroppo, però, alla gente piace vedere il sangue, e anche questo contribuisce ad alimentare le discussioni che ci sono a ogni edizione. Non ce la sentiamo di esprimerci sul cast di quest’anno perché non abbiamo seguito bene tutto quello che è successo, ma una cosa è certa: le polemiche ci sono sempre state. Tu hai parlato di “giovani raccomandati”, ma questo secondo noi è un fattore relativo: la raccomandazione può funzionare fino a un certo punto, perché poi, se non vali, il pubblico non ti apprezza e non ti segue. Quindi, secondo noi, anche il fatto che quest’anno ogni giovane sia accompagnato da un big non vuol dire granché: anzi, riuscire ad affermarsi se si è “figli d’arte” è più difficile, perché bisogna vincere alcune diffidenze della gente.

Come mai quest’anno non vi vedremo sul palco dell’Ariston? Il vostro ritorno sembrava quasi scontato.
In questo momento abbiamo da curare alcuni progetti all’estero. A partire da marzo, saremo due mesi e mezzo in Sudamerica per fare promozione: il nostro cd d’esordio, Liberi da sempre, sarà infatti pubblicato in lingua spagnola. Di conseguenza, non potevamo pensare a Sanremo perché siamo concentrati su altre cose. Pensa che attualmente, nella richiesta radiofonica, siamo al 14° posto della classifica spagnola e all’8° posto della classifica inglese.

Prima di Sanremo quali strade avete percorso?
È successo tutto come nelle favole: stavamo suonando in un pub quando il nostro attuale manager, Roberto Tini, ci ha visti e ci ha proposto di iniziare a lavorare con lui. Noi ci esibivamo, solitamente, nei locali sul lago di Garda, suonando pezzi blues. Facevamo cover di artisti come B.B. King ed Eric Clapton, ma anche canzoni nostre. È per questo che vogliamo dare un consiglio ai ragazzi: suonate il più possibile dal vivo. Il live è veramente una grande palestra: è impensabile fare successo senza gavetta. Ci dispiace anche che in tv ci sia poca musica dal vivo. Noi ci stiamo battendo per poter cantare senza playback. Sicuramente è un peccato che in televisione poche trasmissioni siano dedicate alla musica: bisognerebbe fare qualche reality show in meno e qualche programma musicale in più.

A proposito di musica suonata, il vostro live Sweet home Verona è uscito pochi mesi dopo il primo album, Liberi da sempre. Come mai così a breve distanza?
Perché volevamo scrollarci di dosso l’etichetta di teen band che ci era stata subito affibbiata. Volevamo dimostrare che la nostra musica va bene anche per un target più adulto. La casa discografica, dopo alcuni mesi dall’uscita di Liberi da sempre , ci ha proposto di realizzare un live che fosse ripreso dalle telecamere, nel Teatro Romano di Verona. Noi eravamo tesi, ma abbiamo accettato e alla fine siamo rimasti molto soddisfatti del risultato. Abbiamo riarrangiato tutti i brani in versione semi-unplugged e abbiamo allestito uno spettacolo più maturo: siamo convinti che, prima di scartare a priori un gruppo, lo si debba ascoltare.

Insomma, cercate una sorta di “legittimazione”…
Noi siamo una band che suona come tutte le altre. Crediamo che dal vivo sia più bello sentire gli errori: per questo nei concerti non usiamo mai sequencer o cose del genere. Bisognerebbe tornare alla musica che c’era una volta: non a caso, gli anni in cui si suonava senza alcun trucco sono rimasti gli anni della miglior musica.

Ci parlate del vostro ultimo singolo, Salvami? Dietro questo pezzo c’è un messaggio molto significativo.
Abbiamo scritto Salvami in onore di un nostro amico che ha perso la vita in un incidente: ci siamo sentiti in dovere di dedicargli una canzone. Riteniamo giusto sensibilizzare i ragazzi sull’importanza della sicurezza stradale: questo argomento, ormai, è diventato di forte attualità. Il venerdì e il sabato ci si può benissimo divertire con la testa: quando usciamo, c’è sempre uno tra noi che non beve, ed è lui che guida la macchina. Non è sempre la stessa persona: facciamo a turno. I giovani devono capire che è molto facile perdere la vita. Con il lavoro che facciamo, giochiamo un ruolo importante nella comunicazione. Per questo speriamo che il nostro messaggio giunga a quante più persone possibile.

Desta interesse anche il video, che è stato il primo da voi girato in Italia…
Sì, è vero. Inizialmente c’è stata una divergenza di idee con la nostra casa discografica. Loro pensavano a un video live, che mostrasse immagini tratte dai nostri concerti, mentre secondo noi questa idea era riduttiva. E così il video è stato autoprodotto, perché volevamo a tutti i costi lanciare quel messaggio in una certa maniera. Ci premeva, inoltre, realizzare un video che non contenesse immagini macabre e forti. Il regista Antonello Schioppa, che ci aveva già diretto nel clip de L’amore, ci ha proposto di girare sul Gran Sasso: lui è abruzzese, e quindi conosceva bene quel posto. Noi l’abbiamo subito trovato bellissimo, e ci siamo messi a scrivere lo storyboard insieme allo stesso Schioppa. Alla fine, quando il prodotto è stato ultimato, la casa discografica ci ha dato ragione, perché si è resa conto della validità di quel video.

Voi avete fatto letteralmente boom su Internet, con tantissimi contatti tra MySpace e YouTube: credete che la Rete possa davvero essere un valido mezzo di promozione?
Internet è decisamente una cosa positiva. Il web ci ha aiutato tantissimo a farci conoscere. Abbiamo registrato più di un milione e mezzo di click su MySpace, e anche i nostri video in streaming su YouTube hanno avuto un sacco di contatti. Non siamo presenti né su Facebook né su Netlog, e questo ci teniamo a specificarlo anche perché, come ben sai, ad altri personaggi famosi è accaduto che qualcuno si sia spacciato per loro sulla Rete. Questa non è una bella cosa e non ci piace.

Al di là dei vostri impegni promozionali, siete già al lavoro su un nuovo cd?
Sì, abbiamo già iniziato a stendere le prime idee. Diego si sta occupando prevalentemente della parte musicale, mentre Luca e Roberto Tini sono al lavoro sui testi. Ci piacerebbe utilizzare nuovamente una vera orchestra. Vorremmo riuscire a pubblicare l’album entro la fine di quest’anno, magari preceduto da un singolo a settembre. Vedremo. Musicalmente, potrete aspettarvi un’evoluzione: man mano che si cresce, infatti, maturiamo anche noi!

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